(estratto da http://www.corriere.it/italians/ – Beppe Severgnini)
Il numero di famiglie in rotta per questioni ereditarie sta crescendo. Non ho statistiche, solo molte testimonianze e alcune brutte sensazioni. Sono vicende tossiche che avvelenano la vita.
Occorre un antidoto. Prima di proporlo, cerchiamo di capire da dove arriva il veleno.
Cos’è cambiato? Il rapporto di forza economica tra le generazioni. Ci stanno lasciando, piano piano, gli italiani nati negli anni Venti, la grande generazione che ha rimesso in piedi il Paese. Col lavoro e la passione ha creato, com’è giusto, piccoli e grandi patrimoni. Ora è tempo di lasciarli ai figli, nati negli anni Cinquanta e primi anni Sessanta.
Ma i figli non sono vincenti come i padri e la madri; per ora hanno pareggiato, e non si mette bene per il finale di partita.
Lo dico per esperienza e con dispiacere: è la mia generazione. Una generazione che ha amato più la politica dell’economia. Ma è con i soldi, non con i sogni, che si compra l’appartamento a Milano e la casa al mare.
Un’eredità, oggi, può cambiare la vita. In assenza di buoni redditi, s’aspetta l’apertura del testamento con troppa ansia. E quando dentro non sta scritto ciò che si sperava, scatta la rissa familiare. Fratelli e sorelle contro, cognati e cognate alle loro spalle suonano tamburi di guerra.
Quando non c’è testamento, è peggio. Provvede la legge (successione legittima), che non sa quanto un figlio tenesse a una proprietà, o come una figlia avesse accudito il padre.
E qui entrano in gioco i notai.
Ricevere un testamento è facile e veloce (anche se gli olografi diminuiscono, chissà perché).
Aiutare a scriverlo richiede tempo, pazienza, esperienza e saggezza. Occorre conoscere la famiglia del testatore, capirne le attività, le aspettative e le sensibilità. Vorrei sapere quanti notai lo fanno, oggi, e quanti cittadini lo chiedono.
Eppure è questo il miglior antidoto contro i tribunali, la tomba dell’amore familiare.