di Sabino Patruno
La notizia è di questi giorni: in 23 stati degli USA si è deciso di fermare le esecuzioni immobiliari in corso, a causa di vizi ed errori nei documenti prodotti in tribunale. Questi vizi ed errori sono tali da mettere in dubbio l’affidabilità della intera procedura.
Per capire di cosa stiamo parlando, è bene avere in mente cosa sia esecuzione immobiliare. Quando si contrae un mutuo, la banca garantisce il proprio credito con una ipoteca e se il debitore diventa inadempiente, l’istituto di credito ha il diritto di far vendere all’asta il bene ipotecato, incamerando il prezzo di vendita per soddisfarsi del suo credito.
Se questa è la struttura di massima, la procedura e le regole variano notevolmente a seconda dei sistemi giuridici e, nel caso degli USA, anche da stato a stato, se non addirittura da contea a contea. In particolare, per una metà degli stati USA, la procedura si svolge sotto il controllo dei tribunali, mentre nell’altra metà i creditori possono vendere i beni ipotecati senza bisogno di passare attraverso i giudici, ma utilizzando una procura speciale che il debitore rilascia loro al momento della sottoscrizione dell’atto di mutuo (qui una spiegazione più approfondita).
Nelle esecuzione giudiziali, prima che una banca possa mandare all’asta un bene, è necessario, per legge, che un suo funzionario riveda tutti i documenti e i pagamenti effettuati dal debitore, per essere sicuri dell’ammontare dell’inadempimento e che non ci siano addebiti non dovuti. Dopo aver fatto questa verifica, il funzionario deve dichiarare sotto giuramento che la revisione è stata effettuata e che nulla osta alla esecuzione e quindi sottoscrivere tutti documenti necessari, facendo autenticare la propria firma da un public notary (che, a scanso di equivoci, non ha nulla a che vedere con i notai di diritto latino, dato che il public notary è solo un semplice certificatore di firma).
In sostanza, tutta la procedura si basa su una auto-certificazione e sebbene anche in passato fossero stati segnalati errori, nella sostanza la cosa sembrava funzionare, ma oggi l’enorme aumento di mutui in default ha messo in crisi il sistema. E’ infatti emerso, con preoccupante frequenza, che i documenti per i tribunali risultano essere stati preparati senza il rispetto delle procedure. In particolare si è accertato che in molti casi:
- le firme sono state autenticate prima della redazione dei documenti o, peggio ancora, che le firme apposte sulle varie dichiarazioni sono così differenti l’una dall’altra da far presumere una loro falsificazione
- i funzionari non hanno in alcun modo verificato se le informazioni sull’ammontare del debito fossero corrette o se i mutui fossero stati rinegoziati, limitandosi a firmare le carte senza leggerle, come degli automi, tanto che, non a caso si parla di “robo-signing”.
Come infatti emerso dalle testimonianze, alcuni di questi revisori sono arrivati a firmare più di 500 documenti al giorno, senza quindi nessun controllo del loro contenuto.
A parte questi problemi formali, spesso le banche non sono neanche in grado di dimostrare il loro diritto di credito. Uno dei frutti avvelenati dell’orgia di cartolarizzazioni, fusioni bancarie e salvataggi che ha caratterizzato negli ultimi anni il mondo del credito ipotecario, infatti, è che, in numerosi casi, è diventato difficile stabilire con sufficiente grado di certezza chi deve quanto a chi.
I crediti ipotecari, infatti, sono passati di mano così tante volte che molte delle banche che hanno chiesto alle corti di procedere alla vendita, non sono state in grado di dimostrare adeguatamente la titolarità del loro credito e quindi del diritto a vendere la proprietà ipotecata.
Per capire di cosa stiamo parlando, riporto alcune storie esemplari che si possono leggere negli articoli pubblicati in rete e che richiamano le testimonianze di avvocati coinvolti nelle cause in corso.
La Deutsche Bank, per esempio, si è vista sospendere dal giudice una procedura esecutiva contro un suo debitore di New York, perchè non è stata in grado di dimostrare la titolarità del credito. La Deutsche, infatti, aveva acquistato il mutuo nel 2009 dalla “Sand Canyon Corporation”, solo che al momento della cessione, il credito non era più nella titolarità della banca cedente e, come se non bastasse, si è accertato che la firma del procuratore della Sand Canyon sull’atto di cessione del credito, era così differente da quella apposta su altri documenti da far presumere una sua falsificazione.
In un altro caso, la “CitiMortgage” ha autocertificato di aver acquistato un mutuo dalla Lehman Brothers, dopo che LB aveva già cessato di esistere come banca e dopo quindi che fosse per lei possibile cedere alcunchè.
In un altra procedura, i documenti prodotti hanno mostrato la cessione di un credito da una banca chiamata “Washington Mutual Bank” alla Wells Fargo, datata luglio 2010, quando invece la cedente aveva cambiato nome sin dal 2004 e cessato del tutto di esistere nel 2008, per essere stata incorporata da un’altra banca.
Non si tratta di semplici aneddoti privi di rilevanza statistica, dato che il robo-signing scandal, come oramai è chiamato negli USA, ha raggiunto dimensioni tali non solo da imporre lo stop alle procedure in numerosi stati, ma da far sì che ci siano oramai pressioni dell’opinione pubblica e della politica per uno stop totale alle foreclosures. Questa eventualità rappresenterebbe un ulteriore gravissimo danno per il mercato immobiliare statunitense, anche perchè, nell’ultimo anno, circa il 20% delle compravendite ha riguardato proprio immobili in foreclosure.
Quel che è certo, però, è che le banche e i banchieri, già non particolarmente popolari dopo l’ultimo biennio, hanno colto l’ennesima occasione per confermare i pregiudizi sul loro conto, aprendo la strada a lamentele – abbastanza populiste – sui poveri debitori strozzati dai cattivi banchieri.
Che molto spesso i banchieri siano cattivi è indubbiamente vero, tuttavia, come qualche commento più equilibrato ha fatto notare, non va dimenticato che un debitore moroso rimane un debitore moroso e che la sospensione delle esecuzioni immobiliari si tradurrà, di fatto, in un vantaggio per tutti coloro che hanno smesso di pagare le rate del mutuo, consentendo loro di continuare a godere delle case ipotecate a spese delle banche e, in definitiva, dei contribuenti che con le loro tasse hanno provveduto al salvataggio del sistema bancario USA.
D’altra parte, non si può neanche minimizzare troppo la vicenda, riducendola ad una banale questione di eccessivo formalismo giuridico, dato che il rispetto delle procedure è un pre-requisito per il funzionamento di un qualsiasi sistema legale. Sarabbe invece il caso di considerare il fatto che lasciare la tutela e la certezza dei diritti a semplici autocertificazioni di parte, rinunciando ad un sistema efficiente di autonoma e neutrale certificazione, porta prima o poi ad abusi che si traducono in un danno ben maggiore del risparmio che la speditezza delle procedure voleva invece ottenere.
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