La Cassazione ha ribadito che le aree comprese in piani particolareggiati fruiscono del trattamento fiscale agevolato anche prima della stipula di una convenzione (sentenza n. 7898 del 18 maggio 2012)
Nel caso esaminato, era in discussione l’agevolazione prevista dalla legge 388 del 2000 (art. 33, comma 3, che prevede aliquote agevolate delle imposte di registro, catastali ed ipotecarie con riferimento ai trasferimenti di beni immobili situati in aree soggette a piani particolareggiati comunque denominati, a condizione che l’utilizzazione edificatoria avvenga entro cinque anni dal trasferimento) e dalla legge 350 del 2003 (art. 2, comma 30).
Secondo l’amministrazione fiscale, questo trattamento non sarebbe applicabile ad una compravendita precedente alla stipula della convenzione di lottizzazione; l’agevolazione spetterebbe solo quando i piani particolareggiati fossero già “efficaci” al momento della compravendita.
Non la pensa così la Cassazione, che ha richiamato la propria giurisprudenza (sent. 16835/08; sent. 11786/08, 28010/09 e 3289/12, ord. 7438/09): l’orientamento che viene oggi confermato ritiene chela disposizione dell’art. 33 dà rilievo al fatto che il terreno acquistato si trovi in area in cui sia possibile edificare, come avviene per il piano particolareggiato. Non rileva che ciò avvenga sulla scorta di uno strumento di programmazione e non di uno strumento attuativo. E’ necessario che l’utilizzazione edificatoria avvenga nel termine di cinque anni (Cassazione 20864/10).
Secondo i Giudici, il legislatore non solo agevola l’attività propriamente edificatoria, per i riflessi economici collettivi; con queste norme, si vuole anche favorire, apprestando un incentivo fiscale, lo sviluppo equilibrato del territori. Ciò accomuna tutte le disposizioni richiamate e impone, di conseguenza, un’interpretazione di quella dettata dall’art. 33, comma 3, in base ad un criterio che sia rispettoso comunque del principio costituzionale di eguaglianza di trattamento (anche fiscale) dei casi identici (ult. cit.).
Perciò, seguendo l’orientamento già consolidato, “…deve attribuirsi alla disposizione della L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, comma 30 … una valenza, per così dire, di interpretazione autentica (in senso atecnico) non già del comma 3, detto ma della sua vera ratio nel senso, appunto, delineato dai richiamati principi affermati da questa Corte, di dare rilievo non già al riscontro formale dell’insistenza dell’immobile in area soggetta a piano particolareggiato, quanto piuttosto al fatto che esso si trovi in area in cui, come quelle soggette a piano particolareggiato sia possibile edificare”.
La stessa difesa erariale aveva ammesso che il terreno fosse “…compreso – secondo il PRG – in area ricadente sotto un piano urbanistico e soggetta ad un piano attuativo obbligatorio d’iniziativa privata”. La possibilità edificatoria era perciò già attribuita al terreno, che era inserito in previsioni urbanistiche di piano al momento della registrazione dell’atto di trasferimento; questa possibilità è divenuta concreta al momento della definitiva stipula della convenzione.